Non c’è niente come il mare, niente che riesca a riossigenarmi quando sto in apnea. La stanchezza che deriva dal dover sostenere un bombardamento di chiacchiere inutili in pochi la possono capire. Sarà che da una vita lavoro col pubblico e non ne posso più della gente, di nessuno. Non ne posso più dei finti sorrisi, l’estenuante vociare, una valanga insensata di parole…. una malattia tipica della società moderna. Pare che bisogni far conversazione per forza, a tutti i costi, pure quando non si ha niente di utile da dire. Parlare così, perché alcuni hanno il gusto di farlo e non hanno nè la delicatezza nè l’accortezza di domandarsi se gli altri siao disposti ad ascoltare il profluvio di parole che hanno deciso di vomitare per quest’oggi!
Per questo viaggio da sola, perché i compagni di viaggio bisogna sceglierli con cura, perché non ne posso più di gente spaventata dal silenzio. Per me è un grave difetto il non sapersi ascoltare, non sapersi guardare dentro, che te ne fai di compagni di viaggio del genere, gente che ha paura della sua stessa ombra ma ancor più della solitudine. Ho imparato che puntualmente mi ritrovo a fargli da psicoterapeuta proprio per questa loro incapacità di sapersi e volersi ascoltare allora no, grazie, ho già dato! Ho già affrontato masse e singoli frustrati, infelici, insoddisfatti, morbosamente dipendenti da una qualsiasi tipo di relazione umana, una spalla su cui piangere, una stampella umana che li aiuti a sopportare la loro stessa presenza! Per questo poi ti ritrovi davanti al mare e ti svuoti, ti scordi automaticamente ogni tipo di negatività, frustrazione e indecenza precedentemente scaricatati addosso da sti parassiti.
Per i miei gusti fa freddo, sto con sciarpa, maniche lunghe e cappello ma il mare riflette tante piccole stelle. È giorno, ma i riflessi del sole mi scaldano il cuore. Le cicale sono instancabili, Tiromamcino a palla e a fanculo tutti!
Vorrei visitare l’isola ma devo prima depurarmi, sono sbarcata da poco, una fermata di bus e come attirata da una calamita sono venuta dritta sparata qui. È il mare che chiama, sono i piedi che mi ci conducono. Come fai a spiegarlo?
Ricordo ancora quella volta in cui tornavo da Firenze dopo un viaggio assurdo in macchina. Avevo lavorato lì un anno, al mare c’ero stata solo una volta, quel giorno pioveva, era già inverno, non avevo dormito, stanca ma con una sensazione addosso di liberazione; arrivo ad Ostia e invece di andare a casa mi fermo mezz’ora al mare! Prima di chiamare le amiche, mia madre, chiunque… È il solito discorso, non puoi stare bene con gli altri se prima non stai bene con te stessa. Per questo dico che tutta sta gente dovrebbe curarsi… ma da uno bravo! Non puoi rompere i coglioni al prossimo, pure quelli che non conosci!
Ricomincio a fluire…
Mi sbrago sull’erba a guardare il mare… Non c’è quasi nessuno… Un minuto… Due minuti… forse arrivo a tre… ma niente, non ce la fanno, è più forte di loro, l’ennesimo rompicoglioni mi si siede vicino! Ho ancora i Tirimancino a palla in cuffia, il coglione prova a fare conversazione ma con l’amabilità che mi contraddistingue lo guardo solo malissimo mentre mentalmente lo mando a cagare. No, non si è accorto di niente, come minimo starà pensando alla prossima cosa da dire! Non si accorge mai nessuno di quanto li odi, per questo mi ritengo molto “amabile”, se fossi meno socievole lo insulterei in malo modo e cambierei posto ma sono stanca di questa diaspora alla ricerca di solitudine! Lo ritengo un mio diritto ma ne vengo costantemente privata! Sogno ancora la casetta vicino al faro sull’isola deserta nella Bay of islands!
Riprendo il giro dell’isola. Col biglietto del traghetto ho incluso pure una formula “hop on hop off” che mi permette di fare su e giù per l’isola con un pullman. Insomma, Oneroa carina ma troppo turistica per i miei gusti e baia claustrofobica, Ostend peggio di peggio, Onetangi salvable (vedi foto), la spiaggia più lunga dell’isola. Tutte e 3 sono delle spiagge. Sull’ultima il vero relax ma nessuna che vada dritta al cuore. Di bello quest’isola ha un microclima mite che ti fa sembrare la grigia e caotica Auckland lontana anni luce. Un altro mondo a solo mezz’ora di traghettata. Qui va tutto più lento ed è tutto più verde, più selvaggio, più pacato. Continuo il mio giro, vigneti ogni 200 metri, tanto verde, case moderne a prezzi spropositati. Non capirò mai i miei consimili. Poi, giuro che non lo faccio a posta, mi capita sotto gli occhi un articolo di psicoadvisor che diceva le stesse cose che sostengo anch’io e vengo colpita dal passaggio qui sotto.
Il pettegolezzo è di per sé un sintomo di scarsissima autostima verso se stesso, che cerca quindi di esorcizzare e compensare coinvolgendo le vittime nelle sue chiacchiere impietose e infondate.
Alla fine tutto torna! Ancora una volta comunque resto colpita dell’educazione, la solarità e la discrezione dei Maori. Ho parlato con uno che faceva l’autostop alla fermata dell’autobus, ci siamo rivisti poi all’ultima spiaggia ed è bastato un ampio sorriso di riconoscimento. Idem la signora che aspettava il marito, sempre alla fermata dell’autobus, per dargli il pranzo (era l’autista!). Scambi 4 chiacchiere civili, rispettano il silenzio o se giri la testa dalla parte opposta, lo spazio vitale come quello mentale!
Torno nel tardo pomeriggio, con Chloé andiamo a Mount Eden per vedere il tramonto sulla città. Incrociamo un gruppo di taitiani, cazzeggiamo un po’ insieme, poi si alza il vento e torniamo verso il centro.
Decidiamo di fermarci a cenare da un coreano, Chloé non ne è troppo entusiasta ma io ho voglia di noodle, il locale è strapieno e ci sembra buon segno. Mentre aspettiamo notiamo che nessuno finisce quello che ha nel piatto, sono tutti coreani e noi le uniche europee. Dopo un po’ ci arriva quello che avevamo scelto ma in un’aspettata brodaglia nauseabonda e affatto invitante. Ci guardiamo in faccia e in un attimo decidiamo di scappare via! Non si fa, lo so, ma c’è presa così! Una corsa a perdi fiato fino all’angolo della strada. Ci infiliamo nel primo supermercato e Chloé opta per le pappardelle ma solo perché le ha scambiate per fettuccine! Stasera sarò io a rovinare la pasta buttandoci dentro l’aceto per sbaglio! Niente, non c’è verso, non è cosa di mangiare la pasta all’estero!