Ultimo giorno a Sydney. In preda a un colpo di testa ho deciso di partire e lasciarmi convincere a visitare la Nuova Zelanda. Ho poco tempo a disposizione ma Julie (collega di Nizza) mi diceva sempre che ne valeva la pena, inoltre era uno dei paesi in cima alla mia lista mentale quindi ok. In mattinata prenoto voli e hotel, nel pomeriggio un tour di 3 giorni, della stessa compagnia che mi ha portato sulla Great Ocean Road, Phillip Island e Wilson Promontory quindi decisamente sono ben disposta.
Vado a zonzo per le strade del centro senza meta, venticello piacevole oggi e poi mi sbrago sull’erba dei giardini botanici. Da noi non lo farei mai ma qui non vedo traccia di schifezze. Si fanno le 17.00 che manco me ne accorgo. Avevo appuntamento con Chloé (altra collega di Nizza) all’Opera House, vado quindi all’appuntamento. Le retrouvailles all’estero sono sempre un po’ strane, noi facciamo foto sceme e ci raccontiamo le ultime. Domani anche lei andrà ad Auckland.
Al tramonto riprendo il traghetto e il sole mi regala lo spettacolo che vedete nella foto. Fa freddino ormai, mare mosso, aria che sa di salsedine e lo skyline della città mi sembra più bello che mai.
Sbarco a Manly e mi accolgono le solite urla spaventose dei pappagalli bianchi, non so come si chiamino ma qui è una specie abbastanza diffusa. Credo che sia a causa della solita lotta per il territorio. Dopo aver visto i gabbiani locali in azione non mi stupisco più, mi sembrano un po’ più piccoli e bellicosi dei nostri, oserei dire inutilmente aggressivi ma la verità è che mi fanno sorridere quando si rincorrono, arrabbiati e a passi concitati, lungo la spiaggia. A differenza loro, però, i pappagalli emettono un verso che fa paura, molto più forte e l’inseguimento avviene, veloce, da un albero all’altro.